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giovedì, marzo 02, 2006

 

QUELLO CHE MELVILLE HA TACIUTO SU BILLY BUD (decostruzione omoerotica di Syd Vicious)

DECOSTRUZIONE DEL BILLY BUD DI MELVILLE

Prae-scriptum: se siete interessati soltanto alla parte erotica del lavoro, andate direttamente alla sezione intitolata “capitolo 22 omissis”. Ma per apprezzare meglio l’operazione letteraria, vi consiglio di leggere il tutto dall’inizio.

il semprevostro Syd Vicious.

Non so quanti di voi abbiano letto quello che secondo me è un capolavoro dello scrittore americano Hermann Melville: Billy Bud, Foretopman (Billy Bud, gabbiere di parrocchetto). Con questo scritto però, non intendo spiegarvi le ragioni della mia valutazione positiva del racconto (lo farò, se vi interessa, pubblicando su questo sito un piccolo saggio); mi preme invece, attraverso un metodo di decostruzione, mettere in evidenza i fantasmi omoerotici presenti nel lavoro, svilupparli e scrivere quello che Hermann non ha osato scrivere, vale a dire il misterioso incontro tra il capitano Vere e il marinaio Billy Bud prima che venga eseguita la condanna a morte di quest’ultimo.
Per agevolare la fruizione della mia “integrazione”, esporrò brevemente la trama melvilliana.
Il racconto parla delle vicende che determinano la morte di Billy Bud, che esemplifica nelle intenzioni dell’autore la figura del “bel marinaio”. La vicenda si svolge su una nave, l’Indomita, nell’anno 1797, sulla quale si imbarca il nostro Billy. Chi era il “bel marinaio”? Era un tipo “invariabilmente efficiente nel suo pericoloso mestiere…più o meno abile e valoroso sia come pugile che come lottatore. Possedeva al tempo stesso forza e bellezza, e delle sue prodezze venivano narrati racconti favolosi. A terra era il campione, in mare il portavoce dei compagni; in ogni occasione si trovava sempre in prima fila. Quando c’era da far terzarolo alle vele di gabbia, in una bufera, eccolo a cavallo dei bracci del pennone, piede nella “staffa”, le due mani agli “orecchini”, come a una briglia; quanto mai simile, nel suo atteggiamento, al giovane Alessandro che doma il focoso Bucefalo. Superba figura, lanciato in alto dalle corna del Toro contro il cielo tempestoso, ballonzolava allegramente sul periglioso filo della sbarra. La natura morale di rado non s’accordava con l’aspetto fisico. Infatti, non temperate da quella, difficilmente la leggiadria e la forza, sempre attraenti quando riunite in un uomo, avrebbero potuto comandare la sorte di omaggio che il Bel Marinaio, in alcuni casi, riceveva dai suoi compagni meno dotati di lui. Tale…era l’occhiceruleo Billy Bud, o Baby Budd, come più familiarmente, per un seguito di circostanze…finì per esser chiamato, d’anni ventuno e gabbiere di parrocchetto nella marina britannica, verso la fine dell’ultimo decennio del diciottesimo secolo…Era giovane, e, sebbene la sua corporatura fosse quasi pienamente sviluppata, aveva un’aria anche più giovane di quanto in realtà non fosse. Questo era dovuto a un’espressione di adolescenza che gli si attardava sul volto, ancora liscio, d’un colorito quasi femminile nella sua purezza, ma dove, a causa della vita marina, il biancore del giglio era quasi scomparso del tutto, e il roseo doveva compiere qualche fatica per affiorare attraverso l’abbronzatura della pelle…Modellato sullo stampo tipico dei perfetti esemplari fisici inglesi, nei quali la stirpe sassone sembra non sia stata inquinata da alcun apporto normanno o di altre razze, egli mostrava nel viso quell’aria umana di tranquilla bontà che gli scultori greci han conferito in alcuni casi all’ideale eroico della forza, a Ercole. Questo aspetto era però sottilmente modificato da un’altra qualità. L’orecchio, piccolo e ben formato, l’arco del piede, la curva della bocca e delle narici, persino la mano indurita e d’un colore arancione, che faceva pensare al becco del tucano, una mano che si rivelava pratica di drizze e bagliori di catrame; ma, soprattutto, qualcosa nella mobile espressione e in ogni fortuito atteggiamento e movimento, qualcosa che pareva richiamarsi a una madre singolarmente favorita da Amore e dalle Grazie; tutto questo stranamente tradiva un’origine in netto contrasto con l’umiltà della sua sorte…era un trovatello. La razza si manifestava in lui come in un purosangue… (ma), sotto molti rispetti Billy era poco più di un onesto barbaro, molto simile, probabilmente, a ciò che si può immaginare fosse Adamo, prima che l’urbano Serpente si fosse insinuato nella sua compagnia.” In poche parole, Billy ci viene presentato come un bellissimo, forte, giovane uomo – ma ingenuo e privo di malizia. Sarà proprio il suo carattere admitico, la sua innocenza, a determinare la tragedia di cui sarà vittima. Egli infatti susciterà l’invidia di Claggart, il maestro d’armi dell’Indomita, che lo denuncerà al capitano Vere, l’altro protagonista del racconto, come orditore di un ammutinamento. Questa menzogna, in un drammatico faccia a faccia, causerà la reazione selvatica di Billy, che all’astuzia e alle retoricamente ben costruite false accuse di Claggart saprà opporre solo la sua belluina forza fisica: con un solo, violentissimo pugno, egli, che è balbuziente, risponde alle imputazioni del maestro d’armi, uccidendolo sul colpo. In un periodo storico in cui i fermenti della Rivoluzione Francese e della Rivoluzione Americana gettano la loro influenza su tutto l’Occidente, provocando ribellioni e ammutinamenti anche sulle navi della marina britannica, il capitano Vere è costretto a condannare a morte quegli che era diventato subito il suo pupillo. “…l’onorevole Edward Fairfax Vere, per dargli il suo titolo completo, era uno scapolo sulla quarantina e un marinaio degno di nota, anche in un tempo che certo non mancò di marinai celebri…(e) sebbene al momento opportuno sapesse rivelare uno spirito sufficientemente pratico, a volte sembrava come trasognato. Solo, controvento, sul ponte di comando, con una mano stretta a una sartia, restava a lungo assorto a contemplare la vacuità del mare. Allora, se qualcuno si presentava a lui per qualche affare di secondaria importanza, e così interrompeva il corso dei suoi pensieri, egli mostrava una certa irascibilità, che però controllava subito…A parte le sue qualità come ufficiale di marina, il capitano Vere possedeva una natura eccezionale. Diversamente da non pochi marinai inglesi, un lungo e arduo servizio compiuto con piena dedizione non era riuscito ad assorbirlo, a salarlo del tutto. Egli aveva uno spiccato trasporto per tutto ciò che fosse intellettuale…In questo suo amore per la lettura egli trovava una conferma dei suoi più segreti pensieri…Mentre altri membri di quell’aristocrazia cui egli apparteneva per nascita detestavano gli innovatori, soprattutto perché le loro teorie erano ostili alle classi privilegiate, il capitano Vere le condannava disinteressatamente, perché gli sembravano non solo incapaci di incarnarsi in istituzioni durature, ma altresì contrarie alla pace del mondo e la vero bene dell’umanità”.
Due dei personaggi principali sono dunque un aristocratico (il capitano Vere) e un proletario ma d’animo nobile (Billy Bud). Completa il triangolo omoerotico il maestro d’armi Claggart “un uono sui trentacinque, piuttosto magro e allampanato, ma, nel complesso, tutt’altro che brutto…Il volto poi era notevole: tutti i lineamenti, tranne il mento, erano disegnati con la precisione di un cammeo greco…A eccezione di uno solo, il maestro d’armi era forse l’unica persona, a bordo di quel vascello, intellettualmente capace di apprezzare in modo adeguato il fenomeno morale rappresentato da Billy Bud. Questa sua intelligenza non faceva che aumentare la sua passione, la quale, assumendo in lui varie forme segrete, a volte si colorava di un cinico disprezzo – disprezzo dell’innocenza. Per un uomo che non sapeva esser altro che innocente! Eppure, su un piano estetico, ne scorgeva tutto l’incanto, la coraggiosa e spensierata natura, e sarebbe stato lieto di condividerla, ma disperava di riuscirci mai”.
E’ un banale incidente quello di cui si serve Claggart per dare una ragione al suo odio istintivo nei confronti del Bel Marinaio: “A mezzogiorno la nave filava rullando con vento largo ed egli ( Billy) si trovava di sotto a tavola e stava scherzando con i membri della sua squadra quando, per un improvviso gesto brusco, sparse l’intero contenuto della gavetta sul ponte che era stato appena pulito. Claggart, il maestro d’armi, con lo scudiscio d’ordinanza in mano, passò proprio in quel momento lungo la batteria, in un recesso della quale era stata sistemata la tavola, e il liquido unto gli attraversò il cammino…quando gli accadde di notare chi fosse che aveva versato la gavetta. Il suo aspetto mutò subito. Si fermò, e stava per indirizzare qualche frase aspra al marinaio, ma seppe controllarsi e, indicando la minestra versata, scherzosamente gli picchiò la schiena con la canna, dicendogli con quella bassa voce musicale che certe volte usava: - Bravo, ragazzo mio! Bravo quanto bello. Complimenti! – Dopo di che si allontanò.”
Successivamente Claggart si reca dal capitano Vere e, con reticenza e allusioni, gli riferisce che a bordo si trova almeno un uomo pericoloso, William Budd, il gabbiere di parrocchetto che “con tutta la sua gioventù e la sua bellezza (è) uno che la sa lunga…Voi (riferendosi a Vere) avete notato solo le sue guance rosee. Ma si possono tendere insidie mortali sotto quei fiori vermigli!”.
Il capitano ascoltate le insinuazioni del livido Claggart, manda a chiamare il Bel marinaio, e lo invita a difendersi dalle false accuse del maestro d’armi che vorrebbe farlo passare per l’artefice principale di un imminente ammutinamento. Billy, che è balbuziente, stressato emotivamente dalle menzogne che lo chiamano ingiustamente in causa, non riesce a dire una parola per quanto si sforzi. “L’istante dopo, improvviso come di notte una vampa dalla bocca di un cannone, il suo braccio destro scattò e Claggart crollò per terra. Forse per una precisa intenzione, o semplicemente per la superiore statura del giovane atleta, il pugno colpì in pieno la fronte, così ben formata e intelligente, del maestro d’armi, sì che il corpo stramazzò lungo disteso, come una greve tavola che venga fatta cadere da una posizione verticale.”
Claggart muore sul colpo e “che l’infelice episodio ora narrato non sarebbe potuto occorrere in peggior congiuntura era fin troppo evidente. Da poco erano state represse delle insurrezioni e si viveva in un periodo quanto mai critico per le autorità navali, che esigevano da ogni comandante inglese due qualità non facili a trovar riunite: prudenza e severità…alla luce del codice marziale…l’innocenza e la colpa si impersonavano in Claggart e Budd, mentre nella realtà cambiavano di posto. Sotto l’aspetto legale, la presunta vittima della tragedia era colui che aveva cercato di far condannare un innocente; mentre l’indiscutibile atto di quest’ultimo, secondo il codice navale, costituiva il peggior delitto che si potesse commettere in tempo di guerra.”
Il capitano Vere, pur tormentato dal dubbio e dal senso di colpa per l’ingiustizia che sta per commettere, è costretto dopo un processo sommario a condannare a morte il povero Billy. Quello che segue, è il racconto dell’ultimo incontro in cabina dei due personaggi, il capitano e il marinaio, la notte precedente all’esecuzione della sentenza. Melville tace su quello che accade durante l’ultimo incontro. Egli ci dice solo che il capitano di sua spontanea volontà “comunicò il verdetto della corte al prigioniero, recandosi nella cabina dove era rinchiuso e ordinando alla sentinella di allontanarsi per qualche momento. Oltre alla comunicazione del verdetto, nessuno seppe mai cos’altro fosse accaduto durante quel colloquio.” L’autore quindi espone delle congetture e ci dà una indicazione importante che viene però censurata dalla sessuofobia religiosa: “Negli ultimi momenti il capitano Vere lasciò forse libero corso alla passione talvolta latente sotto un contegno stoico o indifferente…L’austero soldato, devoto ai doveri militari, lasciandosi riportare a ciò che rimane premevo nella nostra formalistica umanità, finì forse per stringersi Billy al cuore così come Abramo può aver stretto il giovane Isacco, proprio sul punto in cui stava risolutamente per immolarlo, in ottemperanza all’imperioso ordine ricevuto.” E’ da qui che deve cominciare la nostra decostruzione, che viene altresì ispirata dall’episodio finale di Vere morente, ferito a morte durante una battaglia navale: “Poco prima di morire, mentre si trovava sotto l’influenza di quella magica droga che, calmando i dolori fisici, opera misteriosamente sull’elemento più sottile dell’uomo, lo si udì mormorare parole che l’infermiere non riusciva a capire: - Billy Budd, Billy Bud -.
In opio veritas: considerando che il romanzo è stato composto tra il 1888 e il 1891, ma pur essendo stato scritto alla fine del diciannovesimo secolo è più intriso di spirito ottocentesco che novecentesco, le scarne indicazioni che ci dà l’autore sono più che sufficienti per darci un’idea di ciò che realmente accadde nella cabina tra Vere e Billy Bud, il capitano e il bel marinaio. A noi postmoderni non occorre nessun velo puritano che censuri quello che Melville sognava ma non osava scrivere e che probabilmente fu influenzato da quella misteriosa diserzione di cui fu protagonista lui stesso, con un suo compagno, quando era marinaio nel Pacifico, parecchi anni prima…Ecco quindi tutto ciò che non è stato scritto nel capitolo ventidue:

BILLY BUD CAPITOLO 22 OMISSIS

Il capitano Vere volle dare una forma materiale al sentimento che aveva sempre provato per il suo bel marinaio, dal primo giorno in cui l’aveva visto mentre prestava servizio sulla nave “Diritti dell’uomo”, e aveva contemplato le sue virili forme e quegli occhi puri e chiari come l’oceano. Il difetto della balbuzie non costituiva per il nobile uomo un punto a sfavore del fascino irresistibile di Baby Bud; la sua incapacità nel pronunziare correttamente le parole, soprattutto quando era preso da una forte emozione, aumentavano in qualche modo la sua selvatichezza, per la quale il linguaggio era qualcosa di inutile, che forse anzi stonava. Fosse stato completamente muto, la sua bellezza ne avrebbe guadagnato, aveva molte volte pensato il capitano nelle sue solitarie meditazioni: la capacità di parlare era qualcosa che non aggiungeva nulla alla sua maschia bellezza di angelo del mare. Il fatto che sarebbe stato giustiziato fra poche ore, acuiva ancora di più la percezione della sua bellezza, perché era destinata a scomparire da lì a poco, con il suo corpo, tra i flutti dell’oceano. E il giustiziere era egli stesso, lo stellato Vere, che preferì non domandarsi se in questo modo puniva un reato effettivo, l’uccisione di Claggart, o il sentimento che il bel marinaio aveva suscitato in lui. Il casto abbraccio di Adamo tosto si mutò in una irrefrenabile voluttà, che il corpo caldo e palpitante di Billy accendeva con movimenti lievi e sensuali. Sua Eccellenza Edward Fairfax Vere, intrepido fino alla temerità, perse tutto il suo buon senso, lo stesso buon senso che aveva permesso che fosse nominato capitano di vascello dopo la vittoria decisiva su De Grasse. Lo stesso buon senso, anche se nella circostanza appariva vile e in contrasto con la passione che lo tormentava e che non aveva mai osato confidare ad alcuno, forse nemmeno a se stesso, che lo aveva spinto senza pietà a condannare a morte l’uomo di cui si era invaghito dal primo momento in cui vi aveva posato gli occhi. Egli doveva pensare alle sorti della marina britannica, e non poteva sottomettere la sua lealtà verso l’impero alla sua ormai irrefrenabile passione. Non sarebbe mai dovuto entrare nella cabina dell’innocente assassino, ma i suoi sensi di colpa lo spingevano a vedere ancora una volta la vittima della Legge che così draconianamente aveva dovuto applicare. Preso da un’improvvisa furia dei sensi, forse esaltati dalla prossimità della morte del suo amato, posò d’un tratto durante il biblico amplesso le sue labbra pregne di desiderio sui riccioli d’oro di Billy, poi sugli occhi cerulei e dolcissimi, infine sulla stessa bocca turgida e bagnata del giovane uomo il cui destino era ormai segnato. Le loro lingue si cercarono e finalmente si incontrarono e così i loro occhi, guizzanti e voraci, si scontrarono come due torpedini durante un temporale. Il capitano riacquistò un minimo di lucidità dopo il bacio appassionato, ma questa lucidità così faticosamente riconquistata gli servì solo per dire: - Non c’è fretta ragazzo mio, fai con calma. C’è ancora tempo…- Contrariamente all’effetto che si proponevano, queste parole causarono sforzi ancora più violenti nella dimostrazione del sentimento che Billy provava: anche lui si era invaghito del bel capitano, e la manifestazione del suo desiderio si mostrò con un’erezione violenta, che Vere subito avvertì sul suo ventre già eccitato. I due amanti si spogliarono nudi e si distesero l’uno sull’altro nello stretto e duro giaciglio che offriva la cabina. – Mio caro angelo - , mormorava il capitano, - sapete che devo condannarvi nonostante sappia che siete innocente -
Non m’importa capitano, io so quello che provi, me lo stai dimostrando. Taci, non pensare al dopo, pensiamo a noi…ti voglio dentro di me…- Per un miracolo del furore dei sensi, Billy aveva perso la sua balbuzie ed era riuscito ad esprimere chiaramente tutto il suo desiderio; ma più espressive ancora furono le sue labbra sensuali, quando alzatosi dalla posizione in cui stava si mise il capitano di fronte, in ginocchio, e cominciò a baciarlo sulla fronte, sulla bocca, sul collo, e poi cominciò a scendere giù, lentamente, leccandogli il collo e poi i capezzoli, e ancora più giù seguendo la folta striscia di peli bruni che dal petto cadevano sull’ombelico. Vere gemendo gli stringeva la testa delicata carezzandolo, e quando con la lingua cominciò a lambire il membro durissimo ebbe un sussulto. L’uomo che era stato costretto a condannare a morte sembrava volesse succhiargli l’anima, e un piacere così intenso non lo aveva mai provato prima…la lingua di Billy, come se fosse consapevole che quella era l’ultima carne che avrebbe lambito, accarezzava con foga quel membro eccitato e lo ciucciava, come un bambino un po’ triste avrebbe ciucciato il proprio pollice. Al massimo dell’eccitazione, il capitano fece girare il bel marinaio, si umettò con la saliva la verga vogliosa, e lentamente, baciando il suo coffiere sulla nuca e carezzandolo e rassicurandolo, gemendo rocamente cominciò a penetrarlo. Il marinaio favoriva i movimenti sodomitici del suo superiore accogliendone dentro di sé la carne vibrante di desiderio, e i due corpi si muovevano in sintonia come se volessero istintivamente assecondare i movimenti del mare. Insieme, il carnefice involontario e la vittima innocente, costituivano un unico essere che palpitava celebrando gli ultimi scampoli della sua giovane vita: quando Billy sarebbe stato impiccato, Vere avrebbe perso la sua metà fortuitamente trovata, e vivere non avrebbe avuto più senso per lui. Avrebbe coperto il suo imminente suicidio con un atto di eroismo, ligio anche nel suo estremo sacrificio all’onore della marina britannica: la sua morte non sarebbe stata inutile come quella del bel marinaio. Egli conosceva l’antico mito greco, secondo il quale ogni essere è alla ricerca della sua metà dal quale gli dei lo avevano separato in origine; non aveva dubbi che l’avesse trovata in Baby Bud, e il fatto che presto avrebbe dovuto perderla, e per una sua ineluttabile decisione, della quale per di più era egli stesso il maggiore responsabile, ammantava il suo destino di un colore tragico. La morte eroica in battaglia sarebbe stata l’espiazione della propria colpa, e il suo straordinario senso della lealtà nei confronti della patria non ne sarebbe stato leso, anzi avrebbe trovato un’occasione d’oro per manifestarsi in tutta la sua magnanimità. Egli stoicamente si riteneva fortunato per aver avuto la possibilità di completare sé stesso anche se per pochissimo tempo, e ringraziava Iddio in cuor suo per questo privilegio, consapevole del fatto che nella maggior parte dei casi gli esseri umani restano dimidiati e incompleti per tutta la loro vita, o peggio sono costretti a condurla con la metà sbagliata che ha concesso loro la sorte. Questi erano i pensieri che turbinavano nel cuore dell’ufficiale: d’una melanconia gioiosa che solo apparentemente era in contrasto con il piacere immenso che provava nell’essere dentro il suo amato; talvolta il pensiero della morte imminente acuisce ogni tipo di sensazione e la esalta in maniera parossistica. Sentimenti contraddittori invece di annullarsi si fondono insieme in un godimento che raramente è concesso agli uomini e che doveva essere caratteristico degli antichi Romani quando celebravano i loro riti bacchici: amore e morte danzavano insieme nell’animo del capitano il quale mai, come in quel momento, si era così completamente abbandonato su di un altro essere umano. Contemplava quelle natiche sode e muscolose, quel dorso perfetto, quei fianchi virili che sussultavano sotto i suoi colpi ma che sembravano pronti a riceverne altri e ancor più potenti, ricoperti di una carne ambrata e fresca, tanto che avrebbe potuto essere quella di suo figlio.
Billy invece aveva dimenticato tutto: Claggart, la condanna a morte, la sua innocenza; si abbandonava al piacere che Vere gli dava e che prima non aveva mai provato e si sentiva onorato per il desiderio che il superiore dimostrava nei suoi confronti. Aveva avuto commercio carnale con altri uomini in passato, come usa tra i marinai di tutte le nazionalità, ma non era mai stato penetrato dietro. Le sensazioni che provava erano ineffabili e il piacere così intenso che desiderava che quel movimento dentro la sua calda cavità non cessasse mai. Prono, con le sue mani cercava di carezzare, curvando le braccia all’indietro, il ventre di Vere, suggerendogli dolcemente quando dovesse rallentare i movimenti e quando dovesse accelerarli, graffiando lievemente il suo ombelico quando la passione del superiore diveniva ferale contagiandolo, rimanendo immobile e gemendo quando il piacere era così intenso da sopraffarlo. Ad un certo punto si sentiva immenso come l’oceano, mentre percepiva l’ufficiale come una nave impetuosa e dolce che decisa solcava le sue onde di carne. Dentro di lui era la Marina britannica che esprimeva tutta la sua violenza prevaricatrice, e si sentiva come la bandiera di un vascello glorioso nel mezzo della più cruenta delle battaglie.
- Ah capitano, mio capitano - gemeva, mentre la verga dell’ufficiale sprofondava sempre più nello spazio umido e caldissimo fra le due cosce divaricate; piano piano Billly era riuscito ad alzarsi e a reggersi sulle ginocchia, facendo forza sulle sue braccia che aveva dovuto riposizionare in modo naturale dacché si era stancato pel movimento lungo il ventre piatto e rigido del suo superiore. Il capitano aveva dovuto estrarre per qualche momento il membro fremente e durissimo, dal glande umido e ormai violaceo, e poi lo aveva inserito di nuovo con un paio di colpi decisivi. Adesso Billy si sentiva un cane fedele disposto a dare la vita pur di soddisfare la voglia del padrone crudele e ginocchioni cercava faticosamente di assecondare, ormai stanco e fuori di sé dal piacere e dal dolore, i colpi d’anca del capitano la cui voglia titanica sembrava ancora lungi dal placarsi; ma bastarono ora pochi movimenti e finalmente raggiunsero insieme l’apice del piacere: dopo un tempo che era sembrato infinito, il desiderio di Vere esplose in una spuma vischiosa nello stesso momento in cui l’occhiceruleo Billy bagnava le dita affettuose del suo capitano che contemporaneamente lo penetrava e carezzava la sua rigida asta, con una mano, mentre con l’altra tirava i suoi biondi capelli quasi volesse strapparli, fino a torcergli il collo per il lungo bacio finale. I loro corpi umidi per gli umori che si erano reciprocamente scambiati giacquero infine, dopo che ebbero completamente goduto, l’uno sull’altro, con i membri che sembravano ancora cercarsi nonostante avessero espulso tutto ciò che c’era da secernere, come code di lucertole guizzanti che siano state amputate dal resto del corpo e ancora siano scosse da rapidi movimenti quasi fossero vive. Il lungo bacio suggellò il placarsi dei loro sensi furiosi e le onde del mare furono le uniche testimoni del loro amplesso e il sacro oblìo, che segue sempre alla più divina magnanimità, coprì infine tutto provvidenzialmente.

Syd Vicious

ricordo che gli altri miei racconti su questo sito li trovate:
1) scendendo in basso lungo questa pagina fino a raggiungere il post di sabato 22 ottobre 2005 (I ragazzi napoletani sono i più saporiti d’Italia);
2) in archivio alla data 10/7/2005 (Avventura a Nouakchott).

Buon divertimento!

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